– Il mio viaggio nell’Ashtanga Yoga.
Anni fa, quando ho scoperto l’Ashtanga Yoga, praticavo quasi tutti i giorni. Ashtanga viene anche definito Vinyasa Yoga o Yoga dinamico, perchè prevede, come in altri tipi di Yoga, la tenuta statica delle posizioni per un certo numero di respiri; ma tra una posizione e l’altra in questo caso si segue un flusso di movimento ininterrotto che rende questo tipo di pratica molto intensa.
L’Ashtanga Yoga prevede una pratica 6 giorni su 7 e una pausa nei giorni di Luna piena e Luna nuova.
Iniziavo la mia sessione intorno alle 6.30 del mattino; mi svegliavo circa mezz’ora prima, prendevo la macchina e facevo venti minuti di strada per raggiungere la Shala. La tranquillità del tragitto e il silenzio nella sala facevano parte del mio rito quotidiano. Durante la sequenza di Asana mi sentivo molto attiva, piena di energia, riuscivo ad ascoltare il fluire del respiro nel corpo, il risveglio dell’energia vitale. Mi sentivo forte e flessibile, capace di qualsiasi cosa.
Immancabilmente, quando arrivavo a casa e dopo la doccia, sentivo crollarmi addosso una stanchezza indicibile. Ma una stanchezza ingestibile, di quelle da occhi che si chiudono… E anche la colazione difficilmente mi ritemprava da tutta quella fatica.
– Passione e ossessione.
Oggi mi rendo conto che non avevo trovato la giusta misura nella gestione delle mie energie. Le spendevo senza risparmiarmi nella pratica, nei salti tra una posizione e l’altra, nelle tenute e nella ricerca della profondità in ogni allungo.
Il pensiero di progredire nella pratica era diventato ossessivo, mi ponevo obiettivi inverosimili giorno dopo giorno, volevo arrivare a eseguire in modo perfetto tutta la serie e ottenere una nuova Asana dalla mia insegnante.
E’ consuetudine nello svolgimento della Prima Serie – e in tutte quelle successive nell’Ashtanga Yoga – che l’insegnante osservi la pratica dello studente e gli assegni una posizione dopo l’altra quando lo ritiene pronto, fino a completare l’intera sequenza.
Dentro di me scongiuravo l’intervento divino perchè mi aiutasse a progredire e la mia insegnante si affiancasse a me e mi mostrasse la nuova posizione che mi assegnava. Cercavo di rendermi degna di ricevere quella nuova postura, di guadagnarmi quella nuova Asana come un traguardo meritato, per cui avevo lavorato con costanza e dedizione.
Nella mia pratica dimenticavo di conservare energie per il resto della giornata, per poter affrontare con lucidità e freschezza piccoli e grandi impegni.
– Cosa direi alla me stessa di anni fa.
Guardo alla me stessa di allora e so che ogni percorso è diverso; ognuno cresce in modo unico e personale, in cui ogni passo del percorso ha un senso – se ci rendiamo capaci di capirlo.
Ma sono tentata di pensare ai tanti “se ” e “ma”; mi chiedo se avrei potuto essere guidata in modo diverso, se invece la proiezione del mio ego era tale che per la mia insegnante sarebbe stato impossibile contrastarla… Non si tratta di “dare la colpa” a qualcuno, solo di dare la giusta misura a ciò che da passione era diventato un misto tra mania di perfezionismo e costante frustrazione. Le mie convinzioni mi impedivano di vedere che le gratificazioni della pratica stavano nella pratica stessa, che avevo già tutto davanti ai miei occhi.
Ora vedo quello che allora non ero in grado di vedere. Se avessi avuto in quel periodo la testa che ho oggi mi sarei goduta il percorso in modo molto più rilassato e senza stress, senza preoccuparmi di sentirmi brava e avanzata nella mia pratica.
Quello che mi mancava era godermi il viaggio e non guardare unicamente ai traguardi che volevo raggiungere. Oggi so che lo Yoga è ben altro che una semplice sequenza di posizioni, è un percorso spirituale e non solo fisico, è una pratica che forse inizia sul tappetino ma permea ogni aspetto della vita fuori dal tappetino stesso.
– I rischi dell’amore totalizzante.
Quando ho amato qualcosa nella mia vita – la danza, lo Yoga, la scrittura, un’amica, un fidanzato – l’ho sempre fatto in modo totalizzante, senza risparmiarmi e facendo diventare quel qualcosa mia unica ragione di vita e centro assoluto dei miei pensieri. Ma non si può vivere a lungo in uno stato del genere, perchè le aspettative che si creano sono enormi e lontanissime dalla realtà. Puntualmente, quando prendevo atto che la realtà non poteva essere obiettivamente come avrei voluto, il castello di desideri crollava in modo improvviso, senza ragioni apparenti nel mio modo di vedere.
La rottura istantanea, l’allontanamento senza ritorno è quello che ho vissuto in tante situazioni. Per la semplice e brutale insostenibilità di quello che era un castello di carta, costruito da me, secondo ideali non condivisi e distorti.
Ed è quello che è accaduto anche con l’Ashtanga. Un giorno mi sono resa conto che provavo un’avversione quasi fisica alla pratica, che non avrei potuto piegare il mio corpo a quella serie di movimenti neanche per un solo secondo.
Per sette lunghi anni non ho praticato un Saluto al sole; anche solo sentirlo nominare era per me fonte di profondo dolore e fastidio.
– Le vie misteriose della vita ( e pere che cadono quando sono mature).
La ricerca ed esplorazione del movimento hanno preso per me la direzione della danza, del Fitness e poi del Pilates, che è diventato la mia isola felice e rassicurante, con sfide che ho sempre vissuto pensandole adeguate al mio corpo, non troppo esigenti.
Pilates mi arrivava come uno spazio in cui camminare senza fretta, osservando il percorso senza troppo pensare a raggiungere traguardi e vette. Questa esplorazione è durata anni, e continua oggi.
Finchè….Perchè se, come mi ha sempre detto mia madre, “la pera cade quando è matura” (😃)…
Finchè a Marzo 2020, in pieno primo lockdown, con la possibilità di una nuova gestione del mio tempo e la voglia di prendermi cura del mio corpo come facevo da anni per quello dei miei clienti, ho voluto iscrivermi a un corso di formazione per insegnanti di Hatha Yoga. Ho scelto in modo consapevole un tipo diverso di Yoga perchè sentivo anche dopo tanto tempo una certa pressione al pensiero di rifare la sequenza di Ashtanga.
Così ho scoperto il mondo degli Otto Rami dello Yoga, il vero significato della parola stessa Yoga, ho scoperto Yamas e Niyamas, ho scoperto i Veda e il Baghavad Gita; ho esplorato movimenti sconosciuti e ritmi nuovi, mi sono affidata al mio istinto che cercava un modo di muovermi ancora inesplorato. Ho scoperto la difficoltà di meditare, i diversi tipi di respiro, le pratiche millenarie di pulizia del corpo e della mente. Ho letto libri meravigliosi di chi ha “capito” – o forse sarebbe meglio dire “ha fatto suo” – lo Yoga prima di me; di chi ha trovato dentro di sè l’infinito che guardiamo quando alziamo lo sguardo al cielo.
Ho capito che Yoga è tutto ciò che facciamo, ogni singola decisione che prendiamo, ogni passo che muoviamo verso la parte misteriosa e migliore di noi.
– Come tornare a casa dopo un lungo viaggio.
Qualche mese dopo, ho ripreso il foglio – gelosamente conservato, nonostante tutto – che la mia insegnante mi aveva dato durante la mia prima lezione di Ashtanga, con i suoi appunti scritti a penna. Ho srotolato il tappetino, sistemato il foglio di fianco, visibile per seguire la sequenza delle posizioni, e ho cominciato.💙
Gli anni passati mi hanno resa diversa, sono consapevole di aver creato un “sano distacco” da tante cose (a parte i miei gatti, da loro so che dipendo e sono la mia droga irrinunciabile). Il mio sguardo è più maturo – proprio come la pera di cui prima 😃 – e obiettivo.
Sono ancora in gradi emozionarmi quando unisco le mani in Anjali mudra e le porto vicino alla fronte, sento vibrare la mia energia, la sento risuonare con quella del cosmo. Spesso in Savasana – la posizione finale, quella in cui si rimane distesi e si rilassa tutto il corpo dopo la pratica – la mia mente corre verso il cielo e oltre, mi sento lì, in quel firmamento inspiegabile.
Mi sento fatta della stessa materia di cui sono fatte le stelle.
*Nelle foto, baby me nel 2013 durante una sessione di Ashtanga – foto di Michele Gallicchio.
6 Comments
Susanna · 23 Febbraio 2021 at 07:06
E molto bello quello che scrivi,grazie per aver condiviso una parte del tuo vissuto così personale.
Silvia · 24 Febbraio 2021 at 10:49
Grazie a te Susanna per il tuo commento. Sono contenta che il mio racconto ti sia piaciuto e che tu abbia trovato il tempo di leggerlo. Un grande abbraccio.💙 Silvia
Flo · 17 Marzo 2021 at 22:37
Anche in un mondo affollato e caotico come quello del web la tua energia si é fatta notare. Il tuo racconto è profondo e le parole con cui esorti le persone ad abbandonare pensieri futili e frustranti sulla pancia antiestetica,in qualche altro scritto sul blog, mi è piaciuto tanto! 🙂
Buona fortuna!!
Silvia · 17 Marzo 2021 at 22:44
Ciao Florinda, Grazie per le tue parole.Sono contenta che la mia esperienza possa risuonare negli altri.I pensieri che condivido con voi sono quelli che mi piacerebbe applicare sempre nella mia vita, anche se a volte non è facile. Grazie per l’augurio, aiuterò la fortuna con tutta la passione e l’impegno che posso. Un grande abbraccio.💙 Silvia
Carla · 6 Marzo 2021 at 22:44
Mi hai fatto commuovere, mentre leggevo nn riuscivo più a distinguere dove cominciassi io e finissi tu e viceversa……. medesimo percorso….. nulla è per caso 💖🕉
Silvia · 7 Marzo 2021 at 22:33
Cara Carla, grazie per il tuo pensiero. Ognuno percorre la sua strada, ma a volte è incredibile come certi racconti risuonino dentro di noi per quanto simili sono al nostro vissuto. Davvero nulla è per caso, come dici tu. Un grande abbraccio. Silvia💙